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Federico Wardal: “Nemo”, l’opera più estrema e misteriosa di Pirandello diverrà un film.

الأحد 23-06-2024 18:40

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Intervistiamo Wardal, attore internazionale che ha segnato Roma con il suo carisma unico, geniale, a tratti diabolico e sempre fortemente  controverso, come sono state le carriere di Carmelo Bene o di Leo Berardinis o Grotowski.

Di origini  nobili e antichissime, Wardal rappresenta il teatro di sperimentazione a Roma, ma anche il mondo della cultura dove è stato lui stesso animatore col suo salotto culturale della capitale in Via Delle Fornaci. Il conte Federico di Wardal (per il teatro solo Wardal) è il testimone ultimo di una mondanità altissima fatta di personaggi incredibili come Carlo Lizzani, Elsa de Giorgi, Alberto Bevilacqua, Dario Bellezza, Fernanda Pivano.

Oggi Wardal sta lavorando ad un film da uno script di Pirandello a lui donato dalla contessa Masino Bontempelli, grande amica di Pirandello.

Il testo è stato da poco portato in teatro a Roma ma per una selezionatissima e ristretta platea di intellettuali e addetti ai lavori. Oggi si lavora ad un  future film che si annuncia misterioso come il suo testo ma anche estremo ed esistenziale.

Wardal ci parla inoltre nell’intervista del labirinto interiore del mondo della recitazione, una foresta oscura per un interprete; in cui l’attore deve entrare, esplorare ombre umane per aderire a loro e poi uscirne per vivere.

 

Conte Wardal, ci spiegherebbe il mistero? Pirandello voleva distruggere questo testo ma infine lo diede alla Contessa Masino Bontempelli,  quasi per salvarlo, perchè ?

Ipotizzo che Pirandello volesse distruggere il testo perché lui aveva un problema con l’identità.

Nemo è la cosa più Pirandelliana, rifiutata dalla compagnia di Pirandello… era troppo avanti.

Il monologo, una volta creato, ha un valore di per sé; è andato oltre la sua identità. Già la sua nascita è controversa con Pirandello che non volle firmarlo e lo lasciò, però, ad una amica come per dire “lascio il monologo che vale di per sé … non ha importanza chi l’ ha scritto”.

L’opera fruisce di per sé per il valore intrinseco. Le opere sono anche loro dei viventi, l’opera direi, è una creatura a parte. La filologia sull’opera non è  l’opera. Stai analizzando ma non sei l’opera.

Nemo è il mistero dell’identità. D’ altra parte in ”Trovarsi“ accusarono Pirandello di avere occhi aperti o chiusi. La pistola di Nemo, la suggerì Greta Garbo per cui era stato scritto il ruolo da portare al cinema, questo per dinamizzare la narrazione a livello cinematografico ( la Divina aveva già interpretato Come tu mi vuoi al cinema di Pirandello nel 1932 ). La pistola è fondamentale, con la sua comparsa Nemo diviene più estremo ed  esistenziale.

In un momento tutta la vita nella sua drammaticità entra nella scena. Lì Nemo è sempre sul punto di espodere.

Siamo al limite di uccidere in scena e quindi un monologo totalmente cinematografico.

Il parallelo tra Sei personaggi in cerca d’autore e Nemo, è determinato dalla pistola, accade qualcosa in scena, lo rende più vero. E’ sempre sul punto di colpire Nemo o il Direttore. Sta per accadere qualcosa di vero, Nemo ha intenzione o di uccidersi o di  uccidere … Alternanza di intenti tra uccidere o no, crea una suspence fortissima.

Gli occhi poi….   se in Trovarsi si parla di occhi aperti o chiusi, in Nemo il pubblico non ha occhi, vede con gli occhi della telecamera di una Televisione  avvenieristica, non era ancora presente nelle case la televisione, ma al tempo c’era il progetto e Pirandello aveva intuito la pericolosità del mezzo sui sentimenti e l’identità degli spettatori. Nemo alla fine ridà gli occhi al pubblico. Accade un fatto vero nella finzione. Il direttore rappresenta il potere dei media e di chi li gestisce.

 

La prima domanda verte sulla sua carriera: è stato definito “il Re del teatro-scandalo europeo”, ha calcato molti palcoscenici e vari generi, perché  la contessa Masino Bontempelli, poetessa e critica severissima e intima di Pirandello ha voluto dare a lei Nemo ?

La contessa Masino Bontempelli ha visto il sentire del personaggio Nemo stranamente dentro di me, ma io non mi sentivo pronto all’epoca, non  aderivo emotivamente. Non avevo passato cose forti. Nemo è anche bagaglio di vita. Senza la sua guida ( della Masino Bontempelli ) non si parlava di portare il testo in scena. La Masino Bontempelli era poi una iper critica. Poetessa e scrittrice. L’ho conosciuta nel salotto culturale di Elsa de Giorgi che ricordo le disse una sera  “non venire sempre e solo a protestare”. Io penso che se fosse vissuta non l’avrei fatto.

 

Pirandello è stato antesignano nel formulare l’ idea di Maschere, ma il mondo dello spettacolo è confacente a questa teoria pirandelliana che viene riportata anche in Nemo ?

La maschera come tutti i lavori di Pirandello è l’ipocrisia. Quando è relazionata al dolore che diviene pudore. Vendere il dolore per non avere identità, questo ha oltraggiato il pudore di Nemo. La maschera riguarda gli impostori e i pudori. Come oggi le religioni sono diventate maschere.

Il pubblico in teatro era scioccato da me e applaudiva l’umano, poi cambiava opinione conoscendomi col tempo. Con Pirandello questo è si teatro,

“vi sta dando delle cose ma forse uscite di qua siete ipocriti direte è stato solo teatro“, direbbe Pirandello stesso. ”Se non siete ipocriti capite che tramite il teatro avete capito delle cose di voi stessi”. Io sono il teatro, io sono la maschera e tramite la maschera divento solo un mezzo che dice a voi delle verità. Se siete ipocriti capite che tramite il teatro ci sono cose che sono tesori per voi“ sempre parafrasando il mondo di Pirandello.

 

Lei ha rotto degli schemi in teatro con opere come Turbamento o Una notte con Casanova. Lei e Pirandello avete in comune la concezione di ribaltare e sconvolgere il rapporto pubblico/palco, coinvolgendo lo spettatore nella rottura psicologica della terza parete ?

La differenza è che in Nemo non ci sono attori, c’è solo il personaggio.

Non cè niente. Il personaggio rimane in scena in faccia al pubblico. Ti rispondo assolutamente si. La mia esperienza è questa; quando interpreto un ruolo entro in un  personaggio, sono diverso nella mia vita, ovvio che metto in evidenza aspetti che sono comuni al personaggio che vado a mettere in scena. Non c’è una barriera definita fra sè stessi e la recitazione, il personaggio lo metti in te, è come se accogli un ‘altra persona che ovviamente prende spazio in te e modifica il tuo comportamento nella vita. Diviene meno questo processo se hai debuttato e puoi separare il personaggio da te, perché il personaggio lo vedi, ma nelle prove metti fuori le caratteristiche che il personaggio deve avere e accogli questa creatura.

 

Wardal ormai è diventato un personaggio sia al Cairo che a San Francisco ma Roma oggi come la vive ?

Roma è un punto di arrivo in Italia per chi vuol fare l’attore e in genere lo spettacolo. A Roma avevo grandi amicizie come Fellini, Carlo Lizzani, Dario Bellezza di cui ho recitato testi anche all’Eliseo. Mi viene in mente la Magnani quando dice “ma siamo tutti Pazzi?”. Vado a trovare ogni tanto una Roma che non è più la mia Roma, ma che è una città in cui, come disse Lizzani “l’antico è in contrasto col moderno attuale”. La Roma mia è quella degli anni ’70 un post dolce vita molto godereccio, a volte mi ritrovo a Roma ma non mi ritrovo io per come ero, io mi colloco sempre mentalmente  nella Roma che ho vissuto.

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